C’è un posto a Bologna che si chiama Spazio Tilt, e racchiude una parte degli apparecchi che compongono la collezione Tilt! Di cosa stiamo parlando? Di flipper,
naturalmente. Un progetto voluto da Federico Croci, appassionato
collezionista dei biliardini elettronici, e l’associazione Tilt!, nata
nel 1994 e diventata una sorta di museo per i cultori dei famosi giochi
da bar. Qui si possono ammirare alcuni dei 400 flipper della collezione,
che comprende alcuni antesignani del gioco, tra cui macchinari
funzionanti con una moneta risalenti alla fine del 1800.
Ma la sua origine potrebbe essere ancora più antica: il flipper deriverebbe infatti dalla Bagatelle,
un gioco già diffuso all’epoca del Re Sole che consisteva nel far
correre delle biglie di acciaio su un piano inclinato grazie ad un
attrezzo con molla e pistone. Il primo apparecchio con le palette che
danno il nome al gioco ‘flipper’ nasce negli Stati Uniti negli anni ‘30
(chiamato pinball), e diventa immediatamente un passatempo
diffuso nel mondo, con un picco di successo negli anni '50. Si trova in
tutti i bar fino agli anni ’80 in cui la produzione cessa. Evolvendosi
man mano che l’elettronica si affinava, i flipper cambiavano
funzionamento ma non il principio base: lanciare la pallina grazie alle
due alette e cercare di colpire alcuni bersagli, senza andare in tilt,
ovvero causare l’interruzione del gioco (è proprio da qui che deriva
l’espressione figurata di ‘andare in tilt’).
In epoche diverse il
flipper divenne oggetto di regolamentazioni relative al gioco
d’azzardo, sia negli Stati Uniti che in Italia. In Giappone una versione
del flipper chiamata ‘pachinko’ scatenò una vera e propria ondata di
ludopatia. Oggi soppiantato dai videogiochi e dai videopoker, non lo si
trova più facilmente nei locali pubblici se non quelli con un’atmosfera
vintage. Ma nello Spazio Tilt di Via Stalingrado a Bologna è possibile
ritornare ragazzini, percorrendo i pochi metri nei quali sono compattati
decine di biliardini elettronici d’epoca.